epēnkenides (ἐπηγκενίδες, αἱ)

Autore Andrea Monico
Traduzione trincherini, falchette (?)
Etimologia

L’etimologia più probabile di questo termine è quella che lo riconnette a ἀγκών, -ῶνος (“gomito”, “braccio”): letteralmente le ε dovrebbero essere ciò che sta sopra gli ἀγκῶνες. In ambito marinaresco le “braccia” di un’imbarcazione sarebbero da intendersi come le sue coste (ordinate), che contribuiscono a rafforzare lo scafo e che, come appunto due lunghe braccia, sorreggono il tavolato del ponte; le assi collocate al di sopra di tali “braccia”, ossia al di sopra delle coste laterali dello scafo, prenderebbero il nome di ε. Questa è la spiegazione che fu per la prima volta proposta da Doederlein 1858, 284-285, poi ripresa e condivisa da Bechtel 1914, 129. Da ἀγκῶνες ε deriverebbe per ipostasi (cioè da sostantivazione di espressioni preposizionali come ἐπ’ ἀγκῶνοϲ, ἐπ’ ἀγκῶνι o simili), con allungamento della vocale iniziale del secondo termine e suffissazione in -ιδ- come in σανίδες, altro termine tecnico del lessico navale (così Frisk GEW, I, 534; Chantraine, DELG, I, 357; Beekes, EDG, I, 439).

Attestazioni lessicografiche

Σ ad ε 253, c1 Pontani, ἐπηγκενίδεσσι: τὸ δ’ “ἐπηγκενίς” οὕτω σχηματίζει ὁ Ἀπολλώνιος· “ἐνέγκω”, “ἐνεγκίς” καὶ “ἐπενεγκίς”, καὶ ἐν ὑπερβιβασμῷ καὶ ἐκτάσει “ἐπηνεγκίς” καὶ “ἐπηγκενίς”, ἡ ἀπὸ πρῴρας ἕως πρύμνης ἐπενεχθεῖσα σανίς, “«con le ἐπηγκενίδες»:[1] Apollonio così illustra il processo di formazione di ἐπηγκενίς: ἐνέγκω, ἐνεγκίς e ἐπενεγκίς, e poi per trasposizione e per allungamento ἐπηνεγκίς e ἐπηγκενίς, il tavolato del ponte che viene tirato da prua fino a poppa” (cfr. Σ ad ε 253, b Pontani); Σ ad ε 253, c2 Pontani, ἐπηγκενίδεσσι] ἐπηγκενίδες τὰ παρατεταμένα ξύλα καὶ οἷον ἀντὶ κρόκης, “«con le ἐπηγκενίδες»] le ἐπηγκενίδες sono i legni tirati a mo’ di trama (cfr. Σ ad ε 253, c3 Pontani); Ap. Soph. 71, 26 Bekker, s.v. ἐπηγκενίδεσσι· τῆς σχεδίας τὰ διηνεκῆ ξύλα, “«con le ἐπηγκενίδες»: i legni continui della zattera”; Hsch., ε4533 Cunningham, s.v. ε· τὰ διηνεκῆ τῆς σχεδίας ξύλα. αἱ εἰς μῆκος καθηλούμεναι σανίδες. οἱ δὲ τὰ παραθέματα, ἢ πλάγια, “i legni continui della zattera. Le tavole del ponte inchiodate in lunghezza; altri invece [intendono] le strutture accostate [agli ἴκρια?], o fiancate”; Orion ε53, 3 Sturz, s.v. ε· αἱ πλατεῖαι σανίδες ἐπιτενεῖς οὖσαι. ἐστὶ δὲ παρὰ ἐνέγκω ῥῆμα καὶ ἐνείσκω ἀλλά μ’ ὑπήνεγκαν ταχέες πόδες· παρὰ τὸ ἐνέγκω ποδηνεκές. ἐνέγκω οὖν ἐνεκὴς καὶ ἐπενεκὶς καὶ ἐπηνεκὶς, τροπῇ τοῦ ε εἰς η. τὸ παρατεταμένον, καὶ διεληλυθὸς, καὶ μακρόξυλον. ὑπερθέσει καὶ μεταθέσει τοῦ ν, ἐπηγκενὶς, ἡ μακρὰ σανίς, “le tavole del ponte larghe e lunghe. La parola deriva da ἐνέγκω e in questo senso si può confrontare «ma mi salvarono i piedi veloci» [Il., 5, 885]: «dai piedi veloci» deriva da ἐνέγκω. Dunque [la trafila è] ἐνέγκω e ἐνεκής e ἐπενεκίς e ἐπηνεκίς, per mutamento della ε in η. Ciò che è tirato, esteso, un grande pezzo di legno. Per trasposizione e metatesi del ν, ἐπηγκενίς, il grande tavolato” (cfr. Et. Gen. s.v. ε;[2] Et. Gud., 500, 12 de Stefani; Et. Sym., ε593 Baldi; EM 357, 3-7 Gaisford; Suid., ε2161 Adler; Ps-Zonar. 799, 9-16 Tittmann); Eust. in Od. 1533, 39 (ad ε 253) Stallbaum, Ἐπηγκενίδες δὲ, σανίδες ἐκ πρώρας εἰς πρύμναν τεταμέναι καὶ ἐπενηνεγμέναι. ὅθεν καὶ ἐτυμολογεῖται. παρὰ γὰρ τὸ ἐπενεγκεῖν, ἐπενεγκὶς γίνεται. καὶ κατὰ μετάθεσιν, ἐπεγκενὶς καὶ κατὰ ἔκτασιν, ἐπηγκενίς. ἔστι δὲ ἐπηγκενὶς ἢ καθ’ ἣν οἱ σκαλμοὶ πήγνυνται, ἢ ὅπερ κοινῶς περίτονον λέγεται παρὰ τὸ διόλου τείνεσθαι. παρὰ δὲ τοῖς παλαιοῖς φέρεται, καὶ ὅτι ἐπηγκενίδες, μακρὰ ξύλα τῆς σχεδίας, “le ἐπηγκενίδες sono lunghe assi tirate da prua a poppa. Onde anche l’etimologia. ἐπενεγκίς deriva infatti da ἐπενεγκεῖν, poi per metatesi si ottiene ἐπεγκενίς e per allungamento ἐπηγκενίς. L’ ἐπηγκενίς è o ciò su cui vengono inchiodati gli scalmi per i remi oppure è così chiamato ciò che viene steso per l’intero perimetro [della nave]. Dagli antichi è tramandato anche che le ἐπηγκενίδες sono i grandi legni della zattera”.

[1] Nella traduzione qui approntata dei brani lessicografici si è deciso di mantenere in greco i termini ➔σταμῖνες e ➔ἴκρια in virtù della loro non univoca interpretazione: per i dettagli cfr. le relative discussioni.

[2] Dell’Etymologicum Genuinum esistono per ora solo edizioni critiche parziali e/o compendiarie, per un elenco completo delle quali cfr. Baldi 2013, XXVI: nessuna di queste edizioni include la sezione dell’etimologico comprendente la voce ἐπηγκενίδες che qui interesserebbe. Per questo motivo, per gli scopi di questo lavoro ci si è serviti del testo dell’Etymologicum Genuinum proposto nell’apparatus fontium di Baldi 2013, 284, il quale registra il testo della voce dell’Etymologicum Genuinum che qui interessa in quanto quest’ultimo etimologico costituisce la fonte dell’Etymologicum Symeonis oggetto di edizione nel suo lavoro.

Trattazione:

a. Il significato di ε è molto controverso e difficile da stabilire con sicurezza. Il termine compare come hapax in Omero, in un passo del V libro dell’Odissea in cui si narra della costruzione da parte di Odisseo dell’imbarcazione con la quale l’eroe lascerà l’isola di Calipso (vv. 249-253): ὅσσον τίς τ’ ἔδαφος νηὸς τορνώσεται ἀνὴρ | φορτίδος εὐρείης, εὖ εἰδὼς τεκτοσυνάων, | τόσσον ἐπ’ εὐρεῖαν σχεδίην ποιήσατ’ Ὀδυσσεύς. | ἴκρια δὲ στήσας, ἀραρὼν θαμέσι σταμίνεσσι, | ποίει· ἀτὰρ μακρῇσιν ἐπηγκενίδεσσι τελεύτα, “quanto è il fondo di un’ampia nave oneraria tracciato ad arte da un uomo ben esperto dei lavori di carpenteria, tanto larga si costruì la zattera Ulisse. Collocò le ἴκρια e le fissò con fitti σταμῖνες, continuando il lavoro: con lunghe ἐπηγκενίδες sovrapposte lo completò” (Di Benedetto 2010).[1] L’etimologia proposta da Doederlein 1858, 284-285 (cfr. supra, Etimologia), e accettata con qualche incertezza, tra gli altri, anche da Chantraine, DELG, I, 357, porterebbe a interpretare le ε come lunghe assi (falchette) poste alla sommità di ciascuna delle due murate speculari che compongono lo scafo dell’imbarcazione (così anche Kurt 1979, 134); Beekes, EDG, I, 439, pur menzionando questa proposta etimologica, lascia il significato di ε indefinito (“part of a ship”, “the factual meaning remains unclear”).

b. L’etimologia antica, invece, fatta risalire da Σ ad ε 253, c1 Pontani a un certo Apollonio di incerta identificazione (cfr. Pontani 2015, 70-71), collegava ε con la forma verbale ἐπενεγκεῖν, intesa dagli scoli come sinonimo di διατείνειν (cfr. Σ ad ε 253, b Pontani): le ε sarebbero dunque una serie di assi che venivano “tirate”, “distese” dalla prua alla poppa delle imbarcazioni, andando così a comporre – sembra di capire – il tavolato del ponte. La medesima interpretazione etimologica e quindi semantica si ritrova poi nei grammatici e negli etimologici che discutono questo raro termine (cfr. supra, Etimologia): tutti concordano nel definire le ε come μακρὰ σανίς, ossia un grande tavolato, composto da assi lunghe (διηνεκῆ) e larghe (πλατεῖαι), che si estendono per tutta la lunghezza dell’imbarcazione (αἱ εἰς μῆκος καθηλούμεναι σανίδες; τὸ παρατεταμένον, καὶ διεληλυθὸς, καὶ μακρόξυλον). In più, da Σ ad ε 253, c2 Pontani si ricava l’accostamento a livello strutturale tra le ε e la trama delle opere di tessitura (κρόκη), e questo lascerebbe pensare che gli antichi esegeti si figurassero le ε come assi orizzontali incrociate perpendicolarmente con degli elementi verticali, così come nella tessitura la trama viene intrecciata in orizzontale attorno ai fili verticali dell’ordito. Tuttavia, questa interpretazione antica di ε risulta molto problematica: innanzitutto, appare ovvia la difficoltà di collegare etimologicamente il termine in questione con la forma verbale ἐπενεγκεῖν, nonostante gli sforzi mostrati in questo senso già negli scoli antichi e poi riverberatasi in tutta la tradizione grammaticale ed etimologica successiva; ma soprattutto, intendere ε nel senso di “ponte”, come sembrerebbe suggerire in modo compatto l’esegesi antica, genererebbe una serie non indifferente di problemi legati all’interpretazione del passo di Od., 5 in cui ε viene usato, a partire dal significato che in questo modo dovrebbe essere assegnato a ἴκρια del v. 252. Gli stessi scoli antichi al v. 252 attribuiscono chiaramente a quest’ultimo termine il significato di “piattaforma sulla quale si cammina”, ossia di “ponte” (cfr. Σ ad ε 252, a, b Pontani); soltanto uno scolio a Od., 5, 163 intende ἴκρια nel senso di “legni verticali ai quali sono inchiodati i ponti della nave”, “coste” (Σ ad ε 163, c Pontani: τὰ ὀρθὰ ξύλα, ἐφ’ ὧν τὰ τῆς νεὼς καταστρώματα προσπήγνυται, τὰ “ἐγκοίλια” λεγόμενα παρ’ ἡμῖν). L’interpretazione di quest’ultimo scolio creerebbe l’ulteriore problema di quale significato attribuire a σταμῖνες (termine inteso negli stessi scoli a 252 come “coste”: cfr. Σ ad ε 252, e1, e2 Pontani) e sarebbe comunque l’unica ad accordarsi con la spiegazione di ε come “ponte”, “tavolato del ponte” fornita dagli scoli antichi a ε 253 e dagli etimologici. In sostanza, seguire gli scoli antichi e gli etimologici nell’interpretazione di ε genera molti più problemi di quanti ne risolva.

c. Nessuno studioso moderno, in effetti, nonostante le numerose incertezze che riguardano l’interpretazione dell’intero passo di Od., 5 dedicato alla descrizione dell’imbarcazione di Odisseo (cfr. la relativa discussione s.v. ➔σταμῖνες, Trattazione, a), ha mai inteso ε nel senso di “ponte”, a maggior ragione mai nel senso di ponte continuo che corre da poppa a prua per tutta la lunghezza dell’imbarcazione: questo in virtù del fatto che con ogni probabilità le navi omeriche erano prive di un ponte continuo, essendo esse dotate piuttosto di piccole piattaforme rialzate soltanto a prua e/o a poppa per la sistemazione del timoniere ed eventualmente della sentinella e di un piccolo numero di passeggeri (cfr. Casson 1971, 44 e Morrison, Williams 1968, 47-48, 51). Non tutta la critica moderna, però, ritiene che l’imbarcazione di Odisseo fosse effettivamente dotata di un piccolo ponte a prua e/o a poppa, non trattandosi, secondo questa linea interpretativa, di una nave vera e propria, bensì di una più semplice zattera: di questo avviso sono, per esempio, Brieger 1870 e Gaheis 1938, i quali intendono ε nel senso di lunghi e robusti listelli di legno che sarebbero stati fissati alle sommità delle assi orizzontali delle fiancate al fine di assicurare a queste maggiore compattezza e stabilità durante la navigazione (cfr. anche s.v. ➔σταμῖνες, Trattazione, c).

Tra coloro che invece sono convinti che l’imbarcazione costruita da Odisseo fosse effettivamente dotata di un ponte (ἴκρια), Warre 1884, 218 intende ε nel senso di trincarini, ossia di lunghe assi orizzontali posate simmetricamente su entrambi i lati del ponte per assicurare alla struttura maggiore solidità ed evitare possibili spostamenti o rimbalzi delle assi durante la navigazione. Casson 1971, 218 si richiama invece a un passaggio del commento di Eustazio a ε 253 (cfr. supra, Attestazioni lessicografiche) in cui si dice ἔστι δὲ ἐπηγκενὶς […] καθ’ ἣν οἱ σκαλμοὶ πήγνυνται, e sostiene quindi che il termine ε indichi le frisate (o falchette), ossia lunghi assi longitudinali che venivano fissati alla sommità di ciascuna fiancata, tipicamente per ospitare gli scalmi dei remi (come suggerito dalla notazione di Eustazio), o anche per motivi strutturali come nel caso dell’imbarcazione a vela di Odisseo.

Tra le proposte ancora diverse, Gray 1974, 112 ipotizza che ε possa indicare una sorta di parapetto o di balaustra laterale di cui il ponte (ἴκρια) dell’imbarcazione di Odisseo sarebbe stato munito e che, insieme al parapetto che correva lungo tutto il bordo della zattera, avrebbe contribuito a proteggere l’eroe dalle onde durante la navigazione. L’ipotesi che Odisseo avesse realizzato sul ponte della propria imbarcazione una sorta di struttura di protezione era già stata avanzata da Morrison, Williams 1968, 48: essi avevano infatti proposto di interpretare σταμῖνες e ε rispettivamente come serie di montanti verticali e di assi orizzontali che, incrociati tra loro, avrebbero realizzato una sorta di piccola cabina aperta a protezione dell’eroe, un tipo di struttura che troverebbe riscontro in diverse raffigurazioni vascolari di stile geometrico, nonché in alcuni affreschi minoici da Thera (cfr. anche s.v. ➔σταμῖνες, Trattazione, f).

d. ε compare come hapax anche in un passo delle Dionisiache di Nonno di Panopoli (36, 403-407): ὁ μὲν τορνώσατο γόμφους, | ὃς δὲ μέσην πεπόνητο περὶ τρόπιν, ἴκρια δ’ ἄλλος | ὀρθὰ περὶ σταμίνεσσιν ἀμοιβαίῃσιν ὑφαίνων | ὁλκάδι τοῖχον ἔτευχεν ἐπηγκενίδας τε συνάπτων | μηκεδανὰς κατέπηξε, “uno tornia le caviglie, un altro lavora alla parte mediana della carena; un altro ancora connettendo il tavolato diritto ai puntelli in successione costruisce la fiancata della barca, e lo fissa unendovi le lunghe assi” (Accorinti 2004). In questo passo Nonno riprende chiaramente una sezione della descrizione omerica dell’imbarcazione costruita da Odisseo nel V libro dell’Odissea (vv. 249-253), pur mutando con ogni probabilità il significato di alcuni termini tecnici usati da Omero (cfr. s.v. ➔σταμῖνες, Trattazione, h). Per quanto riguarda il significato di ε, comunque, esso sembra porre meno problemi rispetto a quello di ἴκρια e di σταμῖνες: Nonno parla chiaramente della realizzazione mediante intreccio delle fiancate della nave, indicate nel loro complesso come “murate” (τοῖχον), alle quali verrebbero aggiunte mediante inchiodamento le ε. Sembra dunque ragionevole supporre che qui si stia parlano di assi longitudinali di rinforzo inchiodate alla sommità di entrambe le fiancate della nave al termine delle operazioni di realizzazione dello scafo: il significato sarebbe dunque quello di “falchetta”, in modo simile a quello che Casson 1971, 218 supponeva essere il significato di ε nel passo di Od. 5, 253. In entrambi i casi il termine sembra dunque indicare una struttura che veniva aggiunta dal carpentiere navale sulla sommità di ciascuna delle due fiancate della nave con funzione di rinforzo e di stabilizzazione dell’intero scafo.

[1] Della traduzione di Di Benedetto qui riportata si è scelto di mantenere in greco i tre termini di più problematica interpretazione e, dunque, traduzione italiana, ossia ➔ἴκρια, ➔σταμῖνες, ➔ἐπηγκενίδες. Per i dettagli cfr. le relative discussioni.

Bibliografia
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Data inserimento 20/07/2023
DOI 10.25429/sns.it/lettere/lgnn0013
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