Turtoro, Maria (2008) La robustezza dello scafo con particolare riguardo alla struttura della prua. [Tesi di dottorato] (Inedito)

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Tipologia del documento: Tesi di dottorato
Lingua: Italiano
Titolo: La robustezza dello scafo con particolare riguardo alla struttura della prua
Autori:
AutoreEmail
Turtoro, Mariamariaturtoro@interfre
Data: 26 Novembre 2008
Numero di pagine: 87
Istituzione: Università degli Studi di Napoli Federico II
Dipartimento: Ingegneria navale
Dottorato: Ingegneria aerospaziale, navale e della qualità
Ciclo di dottorato: 21
Coordinatore del Corso di dottorato:
nomeemail
Moccia, Antonioantonio.moccia@unina.it
Tutor:
nomeemail
Mandarino, Masinomandarin@unina.it
Data: 26 Novembre 2008
Numero di pagine: 87
Parole chiave: Robustezza dello scafo
Settori scientifico-disciplinari del MIUR: Area 09 - Ingegneria industriale e dell'informazione > ING-IND/02 - Costruzioni e impianti navali e marini
Depositato il: 23 Nov 2009 10:36
Ultima modifica: 09 Dic 2014 09:57
URI: http://www.fedoa.unina.it/id/eprint/3560
DOI: 10.6092/UNINA/FEDOA/3560

Abstract

L'obiettivo principale della Tesi di Dottorato è stato quello di studiare la robustezza dello scafo e di indagare sulle tensioni che si verificano nelle strutture della zona di prua. Le metodologie sviluppate sono state numeriche e teoriche. Per quel che riguarda la robustezza in generale di qualsiasi struttura è noto che, ai fini di una sua valutazione, è necessario innanzitutto individuare i carichi agenti su di essa, la geometria e le caratteristiche del materiale di cui la struttura è composta e i vincoli cui essa è soggetta. Anche per lo scafo occorre seguire queste varie tappe, con la complicazione (ed è bene precisare che nel caso delle navi le complicazioni sono sempre presenti per la difficoltà di schematizzare opportunamente una struttura fra le più grandiose ed affascinanti fra quelle ideate dall’uomo) che occorre riferirsi ad una robustezza primaria, ad una secondaria e infine ad una terziaria. Per quel che riguarda la prima, che si riferisce alla nave schematizzata come una trave, i carichi agenti sono quelli dovuti al mare e ho esaminato come, pur con una certa approssimazione, è possibile valutarli; per quel che riguarda il materiale, che può in realtà essere di varia natura, potendosi utilizzare leghe di alluminio, vetroresina, legno, leghe al carbonio per gli scafi più piccoli, cemento etc., mi sono limitata a considerare l’acciaio ordinario e, con l’utilizzazione di un opportuno coefficiente, quello ad elevata resistenza; per quel che riguarda la geometria è evidente dall’analisi del piano dei ferri di varie navi, che essa può essere assimilata ad una trave cava in parete sottile irrigidita da rinforzi verticali, longitudinali e trasversali; per quel che riguarda i vincoli, essi possono essere ritenuti assenti, a meno che non si voglia considerare lo scafo come una trave su appoggio elastico e quindi ricorrere a molle dotate di rigidezza verticale per tenere conto dell’effetto del mare in cui lo scafo si trova a navigare. Una volta ricavati i carichi, in maniera deterministica e/o probabilistica, dall’analisi dei ferri longitudinali costituenti una sezione trasversale si ricava il suo modulo di resistenza e, nota la tensione ammissibile del materiale, è facile effettuare la verifica della robustezza longitudinale semplicemente dividendo il momento flettente primario per detto modulo di resistenza, controllando che la tensione risultante risulti minore di quella ammissibile. Sempre nell’ambito della robustezza primaria, c’è da effettuare la verifica a flessione orizzontale, che si conduce nello stesso modo visto precedentemente, avendo l’accortezza di considerare il momento flettente orizzontale e il modulo di resistenza rispetto ad un asse contenuto nel piano diametrale. Infine sempre per quel che riguarda la robustezza primaria occorre effettuare una verifica a torsione non uniforme (che è quella che sempre agisce su uno scafo), una volta noto il momento torcente (per conoscere il quale è necessario calcolare la posizione del centro di taglio), è possibile ricavare la tensione di ingobbamento (o di warping), che si somma a quelle longitudinali e verificare che il loro valore complessivo sia minore o uguale a quello ammissibile; per quel che riguarda la verifica a taglio occorre innanzitutto calcolare, sezione per sezione, il valore del taglio agente e poi, considerando a seconda del tipo di nave, sezioni mono o pluriconnesse, calcolare il flusso del taglio e quindi la tensione di taglio, che risulta essere massima in corrispondenza dell’asse neutro e che deve essere minore o uguale alla tensione tangenziale ammissibile, che di solito si ritiene essere pari al 70% di quella longitudinale ammissibile. Per quel che riguarda la robustezza secondaria occorre osservare che essa si riferisce alla verifica delle travi rinforzate estententesi da paratia trasversale a paratia trasversale e, più in generale, ai pannelli nervati che costituiscono gli elementi più diffusi nella costruzione navale. Per quel che riguarda i carichi agenti su di essi, occorre considerare i pesi locali della struttura e della merce, le spinte locali idrostatiche e/o idrodinamiche e, in più, i carichi derivanti dalla robustezza longitudinale e che, stante la limitata estensione verticale di tali elementi rispetto all’altezza della nave, possono essere ritenuti costanti e di natura membranale. Per quel che riguarda infine i vincoli, essi dovrebbero in ogni caso essere considerati quali incastri cedevoli, dei quali è però estremamente complicato valutare il grado di cedevolezza, oppure, più semplicemente, considerare l’appoggio e/o l’incastro perfetto, per scegliere fra i quali occorre valutare sia il tipo e le dimensioni delle strutture di estremità sia, soprattutto, il tipo e l’estensione del carico. Una volta individuati il carico e i vincoli, è possibile calcolare la tensione risultante che dovrà essere sommata, tenuto conto del segno e della fase, con quella proveniente dal calcolo della robustezza primaria. Per quel che riguarda infine la robustezza terziaria occorre osservare che essa si riferisce a quella di un pannello di fasciame compreso fra due rinforzi longitudinali e due rinforzi trasversali adiacenti. Anche in questo caso occorre considerare i carichi che, ancora una volta, saranno quelli dovuti ai pesi locali e alle spinte idrostatiche e/o idrodinamiche (in più occorrerà tenere conto dei carichi derivanti dalla risposta primaria, che, come già detto, possono essere considerati di tipo membranale e ritenuti costanti, e dei carichi derivanti dalla risposta secondaria che, sia pure con un grado di approssimazione minore, potranno anche essi, nel fasciame, essere considerati di tipo membranale e di valore costante). Per quel che riguarda i vincoli, in questo caso a maggior ragione di quanto visto per la verifica secondaria, occorre tenere conto del tipo e dell’estensione del carico per scegliere fra l’appoggio o l’incastro perfetto. Si può poi passare al calcolo delle tensioni con la teoria delle piastre o, più semplicemente, ma con un elevato grado di approssimazione per i rapporti fra lunghezza e larghezza della piastra che di solito vengono utilizzati nella costruzione navale, isolando una striscia di fasciame di larghezza unitaria e utilizzando la teoria della trave. Infine occorre sommare la tensione così calcolata, e che evidentemente è di natura flessionale, a quelle derivanti dalla risposta primaria e secondaria, sempre tenendo conto dei relativi segni e fasi. Dopo aver trattato la robustezza primaria facendo riferimento anche alle norme contenute nel R. I. Na. 2005 e traendo da esse conclusioni che confermano la bontà delle ipotesi avanzate nel passato ai fini di valutare l’entità dei carichi idrodinamici rispetto a quelli idrostatici, sono passata a considerare la robustezza trasversale, che può essere considerata come un caso particolare di robustezza secondaria (come è evidente dalla osservazione che per essa si utilizzano valori di tensione ammissibile diversi –e superiori- da quelli che si adoperano per la robustezza primaria). Riportando e completando i calcoli eseguiti su un telaio di petroliera provato dal D. I. N. sotto la direzione del Prof. Spinelli e presentati al convegno ICMRT 07 tenutosi ad Ischia, sono giunta alla conclusione che i vincoli più appropriati da utilizzare per una sezione trasversale degli scafi, al fine di eliminare i suoi moti di corpo rigido, sono i seguenti: - appoggio al ginocchio - molla dotata di rigidezza verticale in corrispondenza della paratia verticale - doppio pendolo nel piano diametrale. Il completamento dei calcoli riportati nell’articolo in oggetto è consistito nell’estendere l’analisi al caso di telai tridimensionali considerando tutti quelli compresi fra due paratie trasversali contigue e ritenendo che essi fossero collegati dalle travi longitudinali incastrate alle estremità. Il risultato di questi calcoli ha mostrato che le tensioni nei nodi variano al variare della posizione longitudinale dei telai e che quelle massime si registrano nel telaio centrale. Infine si è riportata la teoria su cui si basa il metodo delle deformazioni utilizzato dal programma di calcolo adoperato per il mio studio. Mi sono poi occupata di trattare più propriamente le strutture di prua (accennando anche a quelle di poppa), riferendomi sia a quanto è prassi nella tradizione dei cantieri navali, sia a quanto specificato nelle norme dei regolamenti: la conclusione è stata che tale zona deve essere particolarmente rinforzata per i notevoli carichi che deve sopportare. Per quel che riguarda i carichi –che è indispensabile calcolare per eseguire un proporzionamento diretto delle strutture- si è considerato con particolare attenzione il fenomeno dello slamming, senza purtroppo poter giungere a risultati quantitativi perché non mi è stato possibile utilizzare il software necessario per valutare i parametri per il calcolo delle forze d’impatto; pertanto, dopo aver riportato le basi della teoria che regola il fenomeno, ho dovuto far ricorso alle formule empiriche del regolamento per giungere a dei risultati concreti. Una volta ricavati i carichi, ho potuto eseguire il proporzionamento degli elementi principali della zona di prua degli scafi sia da un punto di vista regolamentare, sia da un punto di vista di calcolo diretto; la conclusione del calcolo diretto è che il regolamento ammette una deformazione permanente del fasciame di prua e di alcuni elementi della stessa, in quanto in alcune zone si sono ricavate tensioni superiori a quella di snervamento.

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