DHA
9
1983
237 - 286
LA SICILIA FENICIO-PUNICA
E' stato sempře un «luogo comune», una posizione che sembrava defínitivamente acquisita, anche presso strati di popolazione di media cultura, considerare la Sicilia antica tutta greca : la «Sicile grecque» era diventata, e lo è ancora per molti, una «verità», difficile da modificare о anche solo dascalfire.
Tanto piii perô le verità sembrano raggiunte e definitive, acquistando quindi il valore di luoghi comuni ormai assodati, tanto piu debbono essere indagate e rimesse in discussione alia luce di una critica razionale e documen- tata la quale non deve temere di abbattere miti e di mettere da parte ricos- truzioni fantastiche, per ristabilire invece una corretta interpretazione del documento о per riempire un vuoto o, al contrario, di sostituire con un vuoto di notizie quel che era riempito di ricostmzioni fantastiche e arbi- trarie.
Su questa linea idéale io mi sono mosso e mi muovo nella mia attività di archeologo militante che opera nella Sicilia Occidentale, fin da quando mi sono imbattuto, a Solunto, nei primi monumenti che non rientravano tra i modelli del mondo greco-romano a me noti ; per la carenza dei nostri insegnamenti infatti, anche presso le scuole di perfezionamento, che io stesso avevo frequentato a Roma, nessuno mai parlô agli studenti dell'esistenza, in sede archeologica,delJ'Egitto, della Fenicia, di Babilonia, dell'Assiria, etc...
Quali i motivi di questa carenza ? In verità sono facili ad individuare. Da un lato, come motivo remoto, la nota mitizzazione della civiltà greca, messaggio altissimo e grandissimo per l'umanità, ma che finiva di essere umano quando si considerava «miracolo» (W. Deonna, Le miracle grec !) e, più vicino a noi, nel nostro Paese, l'ostracismo fascista per tutto quanto non fosse romano («... e tutto quanto è grande e augusto, egli è romano ancora...»), tanto peggio se c'era odor di semitico ! E' chiaro che in nessuno dei due casi si fa storia, ma solo retorica e demagogia.
Queste, che considero verità, mi furono chiare fin da quando mi awi- cinai agli studî archeologici e, sopratutto, fin da quando, oltre trent'anni fà, venni a Palermo, addetto come Ispettore presso la Soprintendenza allé Antichità della Sicilia Occidentale (1).
Abito quindi a Palermo da oltre trent'anni, vi opero nel campo dell' archeologia militante, il che mi ha obbligato e mi obbliga ad avere contatti