Al di là del controllo glicemico nel diabete di tipo 2.
Le promesse e le scommesse della terapia con agonisti recettoriali del
glucagon-like peptide-1
Edoardo Mannucci
Agenzia Diabetologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze

La gamma dei farmaci disponibili per la cura del diabete di tipo 2 si è arricchita, in tempi recenti, di molte nuove molecole. Negli ultimi due decenni, in particolare, si è assistito ad una notevole accelerazione della ricerca farmacologica in questa area terapeutica. Nel corso degli anni ’90, l’insulina (disponibile dagli anni ’30 del ’900), la metformina e le sulfaniluree (introdotte negli anni ’50) sono state affiancate dall’acarbose, dalla repaglinide e, sul finire del decennio, dai glitazoni. Negli ultimi cinque anni, il panorama si è ulteriormente arricchito con l’introduzione degli inibitori della dipeptidil peptidasi 4 (DPP-4) e degli agonisti del recettore del glucagon-like peptide-1 (GLP-1).
La disponibilità di una gamma molto ampia di farmaci può, paradossalmente, rendere più complesso il lavoro del medico, costretto a scegliere tra molteplici opzioni. Le linee guida non risolvono questo imbarazzo; infatti, al di là di un generale consenso sull’impiego della metformina come farmaco di prima istanza, la scelta del farmaco da aggiungere alla metformina in caso di insufficiente controllo metabolico resta affidata alla sensibilità (ed all’arbitrio) del clinico 1.
In effetti, se dovessimo giudicare soltanto sulla base dell’efficacia ipoglicemizzante a breve e medio termine, le differenze tra i vari farmaci, se utilizzati in aggiunta alla metformina, sono abbastanza modeste2. L’unica eccezione a questa regola è rappresentata dagli agonisti dei recettori del GLP-1, che nei trial clinici randomizzati hanno dimostrato maggiore efficacia delle sulfaniluree in monoterapia3 e di glitazoni ed inibitori della DPP-4 in combinazione con metformina4-6. Più rilevanti sono le differenze nel profilo di tollerabilità, essendo alcuni farmaci (insulina, sulfaniluree, glinidi) associati a rischio di ipoglicemia, che non si verifica invece con altre molecole (acarbose, repaglinide, inibitori della DPP-4 e agonisti recettoriali del GLP-1).
Nel momento in cui si sceglie un trattamento per il diabete, dovremmo essere sempre consapevoli che quella terapia sarà probabilmente continuata dal paziente per molti anni (spesso per alcuni decenni). È quindi particolarmente importante considerare i potenziali effetti a lungo termine del trattamento, in quanto noti o per quanto possono essere inferiti dai dati attualmente disponibili. In un’ottica di lungo termine, le differenze tra i farmaci sono assai più marcate che a breve-medio termine. Innanzitutto, l’efficacia: il diabete di tipo 2 è caratterizzato da un progressivo declino della funzione b-cellulare, che conduce ad un aumento della glicemia e dell’emoglobina glicata nel corso degli anni. Vari dati sperimentali e clinici, descritti estesamente da Agostino Consoli nell’articolo che segue, mostrano che gli agonisti recettoriali del GLP-1 potrebbero preservare la massa e la funzione b-cellulare nel tempo, modificando così l’evoluzione naturale del diabete di tipo 2. Un secondo aspetto potenzialmente rilevante a lungo termine è l’effetto del trattamento sul peso corporeo – aumentato da molti farmaci per il diabete (insulina, sulfaniluree, glinidi, glitazoni) e ridotto, invece, dagli agonisti recettoriali del GLP-1 (vedi a questo proposito l’articolo di Giorgio Sesti su questo supplemento del Giornale).
La possibilità che i trattamenti per il diabete possano modificare, in maniera favorevole o sfavorevole, l’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori ha suscitato ampie discussioni nel mondo diabetologico nel corso dell’ultimo decennio. La Food and Drug Administration ha stabilito recentemente che, per mantenere la possibilità di commercializzazione negli Stati Uniti, tutti i nuovi farmaci per il diabete dovranno, dopo la loro registrazione, effettuare studi a lungo termine su outcome cardiovascolari, che ne dimostrino la sicurezza a tale riguardo. La preoccupazione per l’eventualità di effetti avversi imprevisti sul piano cardiovascolare, che già nel recente passato hanno condotto a ritirare farmaci già in commercio per il diabete e l’obesità, è certamente comprensibile e condivisibile. Per quanto concerne gli agonisti recettoriali del GLP-1 esistono numerosi dati (per lo più preclinici, ma arricchiti anche da alcuni studi clinici preliminari) che mostrano una potenziale capacità di ridurre il rischio cardiovascolare. Possiamo anche osservare che, nei trial clinici attualmente disponibili sugli agonisti del GLP-1 (tutti studi a breve-medio termine con outcome metabolici), l’incidenza complessiva di eventi cardiovascolari maggiori riportati come eventi avversi rari è significativamente minore che nel placebo 7. Analoghi risultati sono stati riportati da una metanalisi dei trial con la sola liraglutide, anche se in questo caso non si è raggiunta la significatività statistica per insufficienti dimensioni del campione8. L’aspetto più interessante di questi risultati – se saranno confermati in campioni più ampi – è che l’effetto di protezione cardiovascolare sembra essere già presente anche in trial di breve durata (meno di 1 anno). Questo andamento temporale può essere difficilmente spiegabile da una riduzione dei fattori di rischio “classici” (iperglicemia, ipertensione, dislipidemie, ecc.), che necessiterebbe di periodi assai più lunghi per produrre effetti rilevanti sugli eventi cardiovascolari maggiori. È quindi verosimile che altri meccanismi, che coinvolgono effetti diretti sul miocardio e/o sull’endotelio, siano coinvolti in maniera rilevante; di tutto ciò tratta estesamente l’articolo di Angelo Avogaro su questo supplemento del Giornale.
Naturalmente, gli studi meccanicistici ed i trial a breve termine possono dare indicazioni soltanto assai approssimative dell’effetto di un trattamento sul rischio cardiovascolare. Per verificare la reale azione di un farmaco sull’incidenza di malattie cardiovascolari sono infatti necessari trial clinici randomizzati a lungo termine, nei quali gli eventi cardiovascolari maggiori rappresentino l’endpoint principale. Per quanto concerne gli agonisti del recettore del GLP-1, sono attualmente in corso studi di questo tipo. In particolare, lo studio LEADER, cui partecipano anche numerosi centri italiani, confronta l’effetto sugli eventi cardiovascolari maggiori di liraglutide e placebo, su un campione prossimo ai 10 000 pazienti ad alto rischio, che verranno seguiti per circa 5 anni. In attesa dei risultati di questo studio, possiamo comunque considerare gli agonisti del recettore del GLP-1 come farmaci assai promettenti per la prevenzione della malattia cardiovascolare nel diabete di tipo 2.

bibliografia
1. CAMD-SID. Standard italiani per la cura del diabete mellito 2009-2010. Torino: Infomedica, 2010.
2. Monami M, Lamanna C, Marchionni N, Mannucci E. Comparison of different drugs as add-on treatments to metformin in type 2 diabetes: a meta-analysis. Diabetes Res Clin Pract 2008;79:196-203.
3. Garber A, Henry R, Ratner R, et al.; LEAD-3 (Mono) Study Group. Liraglutide versus glimepiride monotherapy for type 2 diabetes (LEAD-3 Mono): a randomised, 52-week, phase III, double-blind, parallel-treatment trial. Lancet 2009;373:473-81.
4. Marre M, Shaw J, Brändle M, et al.; LEAD-1 SU Study Group. Liraglutide, a once-daily human GLP-1 analogue, added to a sulphonylurea over 26 weeks produces greater improvements in glycaemic and weight control compared with adding rosiglitazone or placebo in subjects with type 2 diabetes (LEAD-1 SU). Diabet Med 2009;26:268-78.
5. Pratley RE, Nauck M, Bailey T, et al.; 1860-LIRA-DPP-4 Study Group. Liraglutide versus sitagliptin for patients with type 2 diabetes who did not have adequate glycaemic control with metformin: a 26-week, randomised, parallel-group, open-label trial. Lancet 2010;375:1447-56.
6. Bergenstal RM, Wysham C, Macconell L, et al.; DURATION-2 Study Group. Efficacy and safety of exenatide once weekly versus sitagliptin or pioglitazone as an adjunct to metformin for treatment of type 2 diabetes (DURATION-2): a randomised trial. Lancet 2010;376:431-9.
7. Monami M, Dicembrini I, Martelli D, Mannucci E. Safety of dipeptidyl-peptidase 4 inhibitors. A meta-analysis of randomized clinical trials. Curr Med Res Opin 2011, in press.
8. Monami M, Cremasco F, Lamanna C, et al. Glucagon-like peptide-1 receptor agonists and cardiovascular events: a meta-analysis of randomized clinical trials. Exp Diabetes Res 2011;2011:215764.